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La difficoltà dell'essere un giovane paziente oncologico

Hey! Eccomi qua! Non scrivo da un po’… Trovo sempre una scusa e sono tornata nel circolo della procrastinazione, anche se, alla fine non, ho nessuno schedule se non quello che mi autoimpongo. 😉

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Ho avuto un paio di settimane “meh”… il lockdown sicuramente non ha aiutato, il freddo neppure, la notizia che due persone che combattevano contro la stessa mia malattia ci hanno lasciato tanto meno… Ma d’altro canto mi ricordano ancora una volta la ragione stessa del mio scrivere e dell’esistenza di questo blog, che tra poco compie un anno!

Va bene, ci sta avere giorni o settimane no! Adesso però ho bisogno di tornare ad un mood più positivo, soprattutto perché negli scorsi giorni ho cucinato un intero libro di ricette, sfornando brioche, focacce, pane ecc ecc… vi ho mai detto che quando sono stressata cucino? 

Tornando a noi, ho diversi articoli iniziati e lasciati in sospeso, oggi ho deciso di scrivere riguardo un argomento che ho in serbo da qualche mese: la difficoltà di essere un giovane paziente oncologico.

Parlando onestamente: essere un “giovane” paziente oncologico fa schifo.

Beh, essere un paziente oncologico a prescindere non è il massimo, a prescindere dall’età.

Alcune volte però, proprio a causa dell’età, si è trattati in modo diverso, solo perché ritenuti “troppo giovani per…”, “non soggetti a…” oppure, “con più energie per…”, “con più forza di…” e così via.

La prima difficoltà riguarda proprio la diagnosi. A volte è difficile riuscire ad ottenere appuntamenti per esami specifici, e soprattutto in tempi non biblici.

Questo proprio perchè c’è la tendenza a considerare meno probabile avere un tumore ad un’età non avanzata, o a non considerare alcune condizioni e sensazioni con serietà.

Io sono stata molto fortunata: in ambito medico, ad Amburgo, non mi sono mai sentita dire “sei troppo giovane” (forse perché in effetti non sono più così giovane??? Scherzi a parte…)  o “non è niente” e di questo sarò eternamente grata a tutti i dottori con cui ho avuto a che fare, in particolare alla Dottoressa Dixon che è stata il mio primo contatto medico, dopo aver notato un nodulo nel mio seno.

Quindi per quello che riguarda la mia esperienza, posso soltanto dire cose positive riguardo il sistema medico tedesco, con cui ho avuto a che fare.

Troppo spesso però, mi è capitato di leggere e sentire esperienze negative – soprattutto in Italia, Irlanda e UK (paesi a me più vicini da un punto di vista di contatti ed esperienze dirette), e di casi in cui la situazione iniziale è stata sottovalutata dai medici in questione, cosa che ha poi portato ad un ritardo nella diagnosi.

Non mi stancherò mai di ripetere, se il vostro dottore non vi trasmette fiducia e non siete soddisfatti, chiedete un secondo parere!!!

Sì è vero, nel 99% dei casi stiamo parlando di sospetti che poi si dimostrano essere solo tali, ma se invece stiamo parlando di uno dei poveri sfigati della minoranza a cui appartengo??

Fidatevi del vostro istinto e ascoltate il vostro corpo.

Per persone che hanno finito di lottare come Francesca magari non avrebbe fatto la differenza una diagnosi anticipata di qualche mese, ma chi può saperlo?

Mi spaventa vedere tante storie di persone curate che hanno recidive, ma allo stesso tempo mi dà tanta forza vedere le storie e come alcune delle persone che seguono affrontano la loro battaglia. Ma se, essendo petulante su questo argomento e cercando di diffondere la mia storia posso aiutare qualcuno a non dover attraversare tutto questo, perchè no?

Secondo step post diagnosi, l’altro problema dell’essere giovane è che generalmente si cerca di apparire o comunque sembriamo “meno malati” … 

Nel mio tentativo di fare cose normali come fare la spesa, mi è capitato di sentirmi priva di forze e di combattere contro la tentazione di accasciarmi a terra.

Per esempio in un bus affollato, non trovare un posto per sedersi oppure prendere un ascensore per disabili per evitare le scale e sentire persone con passeggini borbottare.

Non sembrare malati non aiuta, e alle volte è veramente difficile.

Un generale “be kind” non fa mai male… non puoi sapere quali battaglie sta affrontando la persona che hai davanti.

Mi è capitato un paio di volte, invece, in coda per le terapie, che alcuni pazienti più anziani mi passassero davanti in fila, solo perché si sentivano autorizzati appunto in quanto anziani.

Ho sempre scherzato con i miei amici sull’usare “la carta del cancro” per avere qualche vantaggio, mostrando la mia testa pelata e il mio port nella spalla, ma onestamente a volte avrei voluto troppo farlo! Tipo: “Hey! Ho un tumore pure io, pure io sto male, non ho la forza di fare molte cose, ma non è un buon motivo per essere un pezzo di m***a!”

Per fortuna nel mio caso si parla solo di qualche episodio e non di qualcosa all’ordine del giorno.

Nella maggior parte del tempo, soprattutto durante le chemioterapie, per le infermiere io ero il “cucciolo” di cui prendersi cura – e, non mi fraintendete, ma alle volte anche questo può essere pesante.

C’è sempre un buon compromesso, una giusta via di mezzo in tutte le cose e anche in queste circostanze.

Morale: ascoltate voi stessi facendo valere le vostre sensazioni e preoccupazioni.

Cercate di essere gentili e non dei pezzi di m***a, ma quando ci vuole, usate pure un vaff*** o fate vedere le cicatrici! 😉